Una risposta nonviolenta alle strutture di peccato aziendali

Una risposta nonviolenta alle strutture di peccato aziendali

Contro quelle che possono essere definite vere e proprie “strutture di peccato aziendali”, come i reati economici e relazionali endemici negli ambienti di lavoro oggi, soprattutto in tempi di crisi, due professionisti hanno deciso di mettere a frutto le loro specifiche competenze per trovare una soluzione attraverso un percorso di perdono e riconciliazione in azienda da portare in quei luoghi di lavoro che hanno bisogno, magari a causa di strategie economiche inadatte o fallimentari, di risanare la rete di capitale aziendale e di capitale relazionale.

Si tratta di Nino Messina, cresciuto alla scuola di don Tonino Bello e fautore di un management nonviolento (cfr. Management NonViolento), e di Selene Zorzi, teologa, docente all’Istituto Teologico di Ancona, e Spiritual Coach (cfr. epéktasis 2.0) cui abbiamo chiesto di spiegarci qualcosa di questa iniziativa (che gode peraltro del sostegno di mons. Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi). 

Raccontaci come nasce questo progetto.

Nasce da una idea di Nino Messina maturata a seguito di una riflessione sulle ferite e le sofferenze umane riscontrate nella sua lunga esperienza in azienda. Le recenti vicende societarie di alcune aziende, italiane e non, fotografano infatti politiche di bilancio che esercitano violenza sugli esseri umani, attraverso per esempio il taglio indiscriminato di teste; o l’uso di minacce e ricatti per nascondere bilanci falsi e massimizzare il profitto a spese delle persone.

Si tratta di un problema pervasivo, ovvero non legato a scelte di qualche singolo, ma di una cultura diventata strutturale, che in linguaggio teologico si chiamano “strutture di peccato”.

Gli effetti negativi pesano sempre sulla “carne di qualcuno” con privazioni e sofferenze – che possono anche condurre al suicidio, come ci raccontano le cronache – e si moltiplicano con la personale partecipazione al peccato in quanto accettazione di esso. Crediamo però che la situazione non sia ineluttabile.

Come si sviluppa il progetto e quali sono gli obiettivi?

Proponiamo una nuova architettura formativa che partendo da uno sguardo diverso sulla persona e sul suo limite costitutivo, sollecita, attraverso un preciso metodo a tappe, il riconoscimento delle ferite inferte o subite e l’avvio di un processo di relazioni feconde, genuine e trasparenti che trasforma la ferita in fonte di energia.

Questo approccio nonviolento deve tradursi anche in coerenti scelte societarie, legali, contabili e finanziarie.

Rifacendoci allo spirito africano dell’ubuntu – che ha già ispirato il processo di amnistia in Sudafrica – proponiamo un messaggio e un metodo orientati alla riconciliazione e alla reciproca accettazione, al riconoscimento del crimine non solo patito, ma anche commesso. Il fare giustizia e costruire la riconciliazione in una azienda diventa un processo salvifico tanto di chi ha subìto il torto quanto di chi lo ha commesso. 

In che modo l’esperienza della spiritualità monastica, che è uno dei pilastri di questo progetto, può giovare?

Più che come modello da applicare guardiamo alla tradizione monastica come ad una prospettiva di saggezza. L’orizzonte sapienziale che essa ha fornito sulla gestione di sé, delle proprie emozioni, il suo sguardo sulla vulnerabilità e i percorsi di trasformazione, appaiono oggi elementi capaci di parlare al cuore e alle vite di tanti, anche lontani dalla Chiesa.

Che risposta avete avuto finora?

 Nel caso della crisi finanziaria vissuta dall’Ospedale “F. Miulli” di Acquaviva delle Fonti, di cui Nino Messina è attualmente direttore amministrativo, il “mettersi a nudo” davanti ai propri dipendenti, creditori e agli organi istituzionali è stata la chiave gestionale e “salvifica” di una forza aziendale riconquistata. L’idea di Messina di sperimentare un nuovo stile manageriale – il “manager col grembiule” – è risultata vincente: tale impegno teso in prima linea a salvaguardia di un centro d’eccellenza sanitaria del Sud d’Italia, tanto a tutela dei pazienti, quanto del capitale umano, è riuscito a stemperare e riconciliare inevitabili tensioni sociali ed occupazionali.

 Per quanto riguarda la mia esperienza di Spiritual Coaching e di formazione in azienda, ho trovato fame di spiritualità, richiesta di strumenti per la gestione di sé e delle relazioni e una forte necessità di equilibrio tra vita lavorativa e vita privata. Quanto alla proposta di perdono e riconciliazione aziendale vi è una risposta unanime: “Ce n’è davvero bisogno!”.

Il cuore di questa iniziativa sta nella concezione cristiana secondo la quale il male, benché pervasivo nelle strutture e nella storia personale, può avere un’unica risposta adeguata: essere trasformato dall’interno tanto da diventare perfino fonte di nuove energie. Il processo di perdono, che è anzitutto un processo interiore, spezza il circolo vizioso e l’escalation della violenza e permette di liberare se stessi e il proprio futuro. Per questo, come sottolinea il papa, il perdono è una dimensione costitutiva della vita. Persecutori o vittime: il luogo del male storico può diventare l’opportunità della sua soluzione. Per questo vorremmo mettere a disposizione delle aziende queste idee e, per questo, stiamo collaborando con la società internazionale PWC per l’implementazione di “laboratori aziendali”. Perché un’azienda riconciliata conviene!

Origine: http://www.adista.it/articolo/55803

 

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