Bozza di riflessione su un percorso aziendale (di riconciliazione) a partire dalle sollecitazioni dell’Enciclica Laudato Si’*
(*i numeri si riferiscono all’Enciclica)
Caro Santo Padre,
CONTESTO ATTUALE
Assistiamo a diverse distruzioni della vita umana, quella ambientale, quella economica, quella etica e relazionale. Tutti gli ambiti della vita devono essere protetti da diverse forme di degrado (cfr. n. 5).
L’enciclica insiste sulle radici etiche e spirituali di questi problemi (cfr. n. 9). Essa ci ha toccati quando denuncia la “rapidation” (cfr. n. 18) e altri fattori che contribuiscono alla crisi ecologica, che è anche sociale e morale. Questa aggressività sociale (cfr. n. 46), la tendenza a mascherare i problemi (cfr. n. 26) coinvolge anche il settore imprenditoriale ed aziendale calpestando quei valori che eccedono qualunque calcolo (cfr. n. 36) e cioè le relazioni e la dignità delle persone.
Molti forse non sono più nemmeno consapevoli di compiere azioni immorali (cfr. n. 56).
È vero che, come afferma l’Enciclica, che “non disponiamo ancora della cultura necessaria per affrontare questa crisi”, ma è vero che c’è bisogno di costruire leadership che indichino strade, cercando di rispondere alle necessità delle generazioni attuali includendo tutti, senza compromettere le generazioni future. (cfr. n. 52).
Poiché tu, Santo Padre, ci incoraggi affermando che in qualsiasi contesto c’è sempre una via d’uscita (n. 61) e che non dobbiamo rassegnarci (n. 113), desideriamo metterci a disposizione di questa speranza, proponendo un percorso di risanamento del cuore delle relazioni aziendali.
La crescita economica più prodigiosa, quando non è congiunta ad un autentico progresso sociale e morale, si rivolge, in definitiva, contro l’uomo (cfr. n. 4). Criteri obsoleti continuano a governare il mondo (cfr. n. 189).
L’orizzonte in cui si muove la visione di un universo in cui tutto è in relazione, implica che la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni, non solo con la natura, ma anche sul lavoro e nel mondo delle aziende, è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri (cfr. n. 70).
Peccati economici
Nell’Enciclica ci ricordi come abbiamo talvolta interpretato i racconti di creazione secondo l’idea che ci vede sfruttatori e dominatori delle ricchezze del mondo. Il peccato si manifesta nelle diverse forme di violenza e maltrattamenti (cfr. n. 66).
Questa impostazione ti fa parlare spesso contro i peccati economici: dimenticare i poveri, gli esclusi, creare una cultura dello scarto ma anche la corruzione e condizioni perché il senso del lavoro venga stravolto (cfr. 127).
«i costi umani sono sempre anche costi economici e le disfunzioni economiche comportano sempre anche costi umani». (cfr. n. 128).
Ci si è tradizionalmente focalizzati sui peccati morali personali, in modo particolare quelli legati ai vizi capitali, ma il tuo Magistero ha fin da subito evidenziato come non ci si renda conto a sufficienza che gli squilibri attuali hanno delle radici più profonde e hanno a che vedere con l’orientamento, i fini, il senso e il contesto sociale della crescita tecnologica ed economica (cfr. n. 109). Si tratta di peccati “economici” come lo sviluppo tecnologico in funzione del profitto che non presta attenzione a eventuali conseguenze negative per l’essere umano (cfr. n. 109) o i drammi che si sperimentano in una azione politica focalizzata sui risultati immediati (cfr. n.178).
Peccati strutturali
La Sollecitudo Rei socialis ha per la prima volta parlato di “strutture di peccato”. Come per altri contesti anche in azienda possiamo parlare di una dimensione sociale oggettiva di peccato, un luogo della sua presenza ed efficacia che incide sulla peccaminosità personale e che non può essere cambiata o corretta solo dal singolo individuo ma necessita un approccio sistemico.
Ci colpisce come individui nello stato di salute delle istituzioni una incidenza per l’ambiente e per la qualità della vita umana; infatti poiché le istituzioni regolano le relazioni umane, quando esse sono strutturalmente corrotte comportano effetti nocivi in diverse dimensioni, dal gruppo sociale primario, alla famiglia, fino alla vita internazionale, passando per la comunità locale e la Nazione. Ne consegue perdita della libertà, ingiustizia e violenza in tutti questi livelli (cfr. n. 142).
Cura
Nell’Enciclica il tuo cuore paterno ci sollecita a tendere la mano (106) perché ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo (cfr. n.15).
Proponi di avere uno sguardo diverso, un pensiero, una politica, un programma educativo, uno stile di vita e una spiritualità che diano forma ad una resistenza di fronte all’avanzare del paradigma tecnocratico (cfr. n. 111).
Se anche la crisi economica e delle aziende è una manifestazione esterna della crisi etica, culturale e spirituale della modernità, non possiamo illuderci di risanare l’azienda senza risanare tutte le relazioni che la strutturano (con azionisti, sindacati, manager etc…) (cfr. n. 119).
Richiamandoti alla tradizione monastica, che ci è cara, affermi che qualsiasi forma di lavoro presuppone un’idea di relazione che l’essere umano può o deve stabilire con l’altro da sé (cfr. n. 125).
Ricordi che san Benedetto da Norcia volle che i suoi monaci vivessero in comunità, unendo la preghiera e lo studio con il lavoro manuale (Ora et labora). Questa introduzione del lavoro manuale intriso di senso spirituale si rivelò rivoluzionaria. Si imparò a cercare la maturazione e la santificazione nell’intreccio tra il raccoglimento e il lavoro. Tale maniera di vivere il lavoro ci rende più capaci di cura e di rispetto verso l’ambiente, impregna di sana sobrietà la nostra relazione con il mondo.
A partire da queste intuizioni, riteniamo che le aziende non abbiano solo bisogno di una rete di sostegno che permetta di trovare strade di “precauzione, regolamenti adeguati, vigilanza sull’applicazione delle norme, contrasto della corruzione, azioni di controllo operativo sull’emergere di effetti non desiderati dei processi produttivi, e intervento opportuno di fronte a rischi indeterminati o potenziali”. (cfr. n. 177). Infatti la struttura politica e istituzionale non esiste solo per evitare le cattive pratiche, bensì per incoraggiare le buone pratiche, per stimolare la creatività che cerca nuove strade, per facilitare iniziative personali e collettive. n. 177
La nostra iniziativa si colloca qui. Vorremmo porre il nostro contributo di professionisti a servizio del bene comune, occupandoci del bene delle aziende, della loro vita e della vita delle persone che ne fanno parte, (cfr. n. 189), proponendo percorsi di misericordia, di perdono, di risanamento delle relazioni organizzative.
Dici che occorre fare appello ai credenti affinché siano coerenti con la propria fede e non la contraddicano con le loro azioni; insisti perché si aprano nuovamente alla grazia di Dio e attingano in profondità dalle proprie convinzioni sull’amore, sulla giustizia e sulla pace (n.200). E poiché credi che vi siano educatori capaci di reimpostare gli itinerari pedagogici di un’etica aziendale, in modo che aiutino effettivamente a crescere nella solidarietà, nella responsabilità e nella cura basata sulla compassione (n. 210), ti chiediamo di inviare “missionari” aziendali che propongano in azienda uno “sforzo di formazione delle coscienze”, un cammino di conversione delle cattive prassi aziendali.
Hai scritto che l’esistenza di leggi e norme non è sufficiente a lungo termine per limitare i cattivi comportamenti, anche quando esista un valido controllo. Affinché la norma giuridica produca effetti rilevanti e duraturi è necessario che la maggior parte dei membri della società l’abbia accettata a partire da motivazioni adeguate, e reagisca secondo una trasformazione personale. (cfr. 211).
Poiché la grande ricchezza della spiritualità cristiana, generata da venti secoli di esperienze personali e comunitarie, costituisce un magnifico contributo da offrire allo sforzo di rinnovare l’umanità, vorremmo essere mandati nelle organizzazioni che hanno bisogno di essere risanate economicamente e umanamente, per aiutarle a riscoprire le motivazioni che derivano dalla spiritualità al fine di alimentare una passione per la cura del mondo (cfr.. 216).
Essendo impegnati personalmente in tali cammini, desideriamo aiutare nell’esperienza di una conversione, di una trasformazione del cuore “aziendale” (cfr.153; 218).
Ma poiché non basta che ognuno sia migliore per risolvere una situazione tanto complessa come quella aziendale – infatti i singoli individui possono perdere la capacità e la libertà di vincere la logica della ragione strumentale finendo per soccombere a un consumismo senza etica e senza senso sociale e ambientale – occorre che ai problemi sociali si risponda con reti comunitarie.
Sarà necessaria una unione di forze e una unità di contribuzioni. La conversione aziendale che si richiede per creare un dinamismo di cambiamento duraturo è anche una conversione comunitaria, relazionale, spirituale. (cfr. n. 219).
Scrivi che l’amore per la società e l’impegno per il bene comune sono una forma eminente di carità, che riguarda non solo le relazioni tra gli individui, ma anche macro-relazioni, rapporti sociali, economici, politici, aggiungiamo aziendali (cfr. n. 231).
L’amore per l’azienda ci spinge a pensare a grandi strategie che ne arrestino efficacemente il degrado e incoraggino una cultura della cura che impregni tutta la società (cfr. 231).
Siamo convinti anche noi che queste azioni comunitarie, quando esprimono un amore che si dona, possono trasformarsi in intense esperienze spirituali (cfr. 232), facendoci fare esperienza del Dio che risana la nostra vita e i luoghi di lavoro che abitiamo (cfr. 246).
Selene Zorzi, teologa, formatrice e Coach
Nino Messina, Manager
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